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Edilizia Emilia-Romagna, a marzo crollata la produzione

11 Giu 2020 | Artigianato, news

edilizia artigianato

Il settore dell’edilizia, nel mese di marzo 2020, ha registrato un calo del valore della produzione di 28,2 punti percentuali rispetto al mese precedente, e del 35,4% da inizio 2020. I dati, elaborati dal Centro Studi di Confartigianato Emilia-Romagna evidenziano dunque una diminuzione che è la maggiore della serie storica disponibile, che ha inizio nel 1995, superando le contrazioni, già consistenti, registrate durante le crisi del 2008/2009 e del 2012/2013. 

Nel settore dell’edilizia molte le micro e piccole imprese

Grande impatto ha avuto dunque la pandemia provocata dal Coronavirus, soprattutto per le micro e piccole imprese artigiane che, secondo i dati aggiornati al primo trimestre del 2020, nelle provincia di Bologna sono 9.537, con 13.221 addetti impegnati. Una tendenza confermata anche a livello regionale, che presenta il 99,8% delle imprese delle Costruzioni con meno di 50 addetti e con l’89,9% degli addetti del settore. Una particolarità che spinge le imprese a fare squadra fra di loro. In Emilia-Romagna 4 Mpi del settore costruzioni su 5 (81,4%) intrattengono almeno una relazione con altre realtà del comparto. Si tratta di 6.916 imprese che nel 78,7% dei casi hanno una relazione di subfornitura, nel 68,2% dei casi hanno almeno una relazione di committenza, nel 22,8% dei casi hanno almeno una relazione informale e nel 16% dei casi hanno almeno una relazione formale (consorzio, ATI, etc.). Alla base di relazioni formali (intrattenute da 1.108 Mpi delle costruzioni) tra le motivazioni prevalenti che spingono le imprese a fare squadra c’è la riduzione dei costi e l’ampliamento delle possibilità di accedere a nuovi mercati o clienti.

“L’importanza di fare rete fra le imprese è uno dei cavalli di battaglia della nostra azione sul territorio – ha spiegato Marco Granelli, presidente regionale di Confartigianato Emilia-Romagna nonché vice presidente vicario nazionale di Confartigianato Imprese -, perché dimostra da parte degli artigiani capacità di lettura del periodo storico ancora in atto. È chiaro che per settori come quello delle Costruzioni, che vivono una crisi lunga undici anni e che a causa dell’emergenza sanitaria rischia di prolungare la propria azione anche in futuro, è necessaria una maggior solidità per affrontare il mercato. Per farlo occorre mettere sotto lo stesso nome competenze diverse, così da accrescere le performance, la qualità e le risposte che le aziende sono chiamate a dare. Il mercato oggi richiede un modo nuovo di costruire, con edifici tecnologicamente avanzati nel rispetto dell’ambiente e delle persone che ci vivono, e con un occhio ben puntato sull’impatto ecologico delle città”.

L’Ecobonus e le ristrutturazioni, ossigeno per le imprese del comparto

Gli interventi sostenuti da ecobonus in Emilia-Romagna nel 2018 sono stati quasi 42 mila, per 391 milioni di euro di investimenti mentre la stima per il 2019, per ristrutturazione ed ecobonus, ammonta a oltre 3 miliardi di euro, con l’impegno di 23.100 occupati nelle Costruzioni che rappresentano il 21,4% degli occupati del settore nel quarto trimestre del 2019.
La distribuzione per tipologia di lavori rileva che il 35% degli investimenti sostenuti da ecobonus si riferisce ai serramenti, il 16,8% a pareti verticali e un altro 16,8% alle caldaie a condensazione, il 16,1% a pareti orizzontali, il 7,2% a pompe di calore, il 4% a schermature solari, l’1,2% a Impianti a biomassa, l’1% al solare termico, e lo 0,4% al Building automation. Il 59% degli investimenti in ecobonus ha riguardato edifici costruiti prima del 1970.

“Bene il privato ma malissimo li pubblico – commenta il presidente di Confartigianato regionale Granelli -. Accanto agli investimenti privati, che hanno saputo sfruttare al meglio l’occasione data dai bonus e che sapranno ancor di più dare una spinta al comparto con l’opportunità del 110% del nuovo ecobonus, il crollo del mercato pubblico frenato da un Codice degli Appalti che non ha dato le risposte che le imprese si aspettavano, dà un segnale davvero preoccupante della situazione. Le manutenzioni sono ferme da 25 anni, e lo ‘stato di salute’ di strade, ponti e altre infrastrutture del Paese, è la dimostrazione di questo stallo. Oggi si cita la ricostruzione del ponte di Genova quale esempio di come si possa lavorare in Italia. Ecco, è bene ricordare che quell’opera è stata realizzata in deroga ai protocolli e ai regolamenti, altrimenti i tempi asfissianti della burocrazia avrebbero bloccato i lavori per chissà quanto. Tenuto conto di ciò, allora possiamo affermare che l’ex ponte Morandi può essere un esempio per il futuro: occorrono affidamenti veloci, nessun vincolo utile solo ai burocrati e tempi di pagamento brevi, altrimenti la ripartenza del Paese rimarrà solo uno slogan privo di valore”.

 

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